La gita di Maggio



Pompei
Gli scavi





3 maggio 2014 - Sabato


Dopo il pranzo, ci incontriamo con la guida che ci seguir�
nella visita agli scavi.
Pagato il relativo biglietto d'ingresso di 11 euro,
entriamo nella citt� sepolta.
Purtroppo � iniziato a piovere, per cui Paola, cos� si chiama la guida,
sperando che questo fenomeno atmosferico non molto gradito
quando si devono fare percorsi all'aperto,
duri poco,
ci raduna in un androne chiuso per parlarci un po' di Pompei
di prima che l'eruzione spegnesse la sua vita.

Pompei ha origini antiche quanto Roma, infatti la "gens pompeia"
proveniente dagli Oschi, uno dei primi popoli italici, nell'VIII secolo a. C.
fond� e diede origine al primo aggregato urbano.
Luogo di passaggio obbligato tra il nord ed il sud, tra il mare
e le interne ricche vallate, ben presto Pompei divenne importante nodo viario
e portuale e, pertanto, ambita preda per i potenti stati confinanti.

Primo a sottometterla � lo stato greco di Cuma al quale tra il 525 4 il 478 a. C.
viene sottratta dagli Etruschi in piena espansione.
Sul finire del quinto secolo � conquistata poi dai Sanniti
che, dalla zona appenninica di Isernia, dilagano prepotentemente
verso il mar Tirreno.
Nel 310 a. C. i Sanniti vengono sconfitti dai Romani e Pompei
� consociata al nuovo stato.
Ribellatasi con la Lega Italica, nell'89 a. C. viene espugnata da Silla
e pur salvandosi dalla distruzione, perde ogni residua autonomia,
divenendo "Colonia Veneris Comelia P." in onore del conquistatore.
In questi seicento anni, ogni popolo invasore trapianta
i propri costumi e la propria arte a Pompei, soprattutto i Sanniti
di cui restano, dopo quattro secoli di romanizzazione,
impronte rilevanti nelle costruzioni e nell'arte.

Nonostante queste vicissitudini politiche, Pompei continua incessantemente,
il suo sviluppo e da modesto centro agricolo, diventa un importante nodo
industriale e commerciale.

La prima grande sciagura che la colpisce � il terribile terremoto del 62 d. C.
che riduce la citt� a un cumulo di macerie.
Ma l'indomita tenacia e la capacit� dei cittadini superstiti, riescono, ben presto,
a riattivare le attivit� industriali e commerciali e a ricostruire la citt� semidistrutta.
Ma non ancora ultimata la ricostruzione arriva l'altra sciagura, l'irreparabile,
Il Vesuvio.
Considerato un vulcano spento, � ricco, lungo i suoi fianchi di vigneti,
di ville rustiche
e di residenze sontuoso ma,
il 24 agosto del 79 d. C., poco dopo mezzogiorno, si risveglia
improvvisamente ed esplode con una potenza, inesorabilmente, distruttiva.



Plinio il Giovane, da Miseno, � testimone dello spaventoso spettacolo
e ne d� una descrizione impressionante, scrivendo anche le vicissitudini
e la fine tragica dello zio Plinio il Vecchio che, trascinato dalla passione scientifica,
accorse, con una nave, ad osservare da vicino lo spaventoso fenomeno
e muore per soccorrere e rincuorare l'amico Pomponiano.
Rapidamente sulle fiamme che salgono altissime,
si distende una immensa e nera nuvola
che oscura il sole.
Un diluvio di lapilli e scorie incandescenti si riversano su Pompei.
Crollano mura e tetti e poi un'ondata di cenere, mista ad acqua, cancella ogni forma di vita.
Nel buio continuo, la scena apocalittica � esaltata da fulmini, terremoti e maremoti
i pochi superstiti che cercano scampo verso Stabia e Nocera, vengono raggiunti e uccisi
dai gas velenosi che si propagano ovunque.
Questo inferno dura tre giorni e poi tutto � silenzio.
Una coltre di morte, con cinque o sei metri di spessore, si stende da Ercolano a Stabia.



Il Vesuvio rimarr� desto per secoli e secoli, sino ai giorni nostri,
le altre citt� saranno ricostruite pi� o meno nello stesso posto
ma Pompei non risorge pi� quasi per duemila anni.
la gente teme il terribile sortilegio incombente sul luogo.
Sciacalli e cercatori di tesori trafugano, per quanto possibile,
i resti ancora affioranti poi Pompei viene dimenticata e se ne perde ogni traccia.
Milleseicento anni passano prima che se ne incontrino le prime vestigia
e altri centocinquanta perch� si abbia la sensazione della scoperta della citt�
Iniziano cos� gli scavi sotto i Borboni ma solo per depredare la citt�
delle opere pi� interessanti, opere che ben presto andranno a formare
il Museo Nazionale di Napoli.
Ai primi dell'Ottocento, scavi piuttosto affrettati, mettono in luce il Foro,
riducendolo a un cumulo di rovine.
L'eccezionale stato di conservazione viene, in parte,
riconosciuto da Giuseppe Fiorelli nel 1860.
Costui d� inizio a scavi sistematici e accurati ed � il primo a rilevare le impronte
colando il gesso nello spazio lasciato dalle sostanze organiche dissoltesi
nel lapillo compatto;
con questo sistema riprendono forma i corpi degli uomini, degli animali,
di piante e di oggetti polverizzatisi millenovecento anni prima.
Nei decenni che seguono, l'opera di restauro e di ripristino raggiunge livelli eccezionali
e sin dal 1909, con Vittorio Spinazzola, gli edifici sono ripristinati dal tetto
alle fondamenta ed ogni cosa, salvatasi per tanti secoli sotto i lapilli, ritorna alla luce.
Questo tipo di scavi sempre pi� perfetti  continuano anche ai nostri giorni
infatti ho sentito al tg, alcuni giorni fa, dell'apertura al pubblico di tre nuovi siti
recentemente restaurati.

Inizia la visita

Ombrelli aperti e via verso il selciato che ci condurr� al primo sito da conoscere: la Porta Marina.



A destra della porta si vedono i possenti bastioni fatti per il Tempio di Venere
che era n costruzione, a sinistra le ricche case dell'"insula occidentalis", ai piedi dell'insula
si pu� scorgere la necropolis e la collina che scende molto pi� in basso del livello attuale.
Una rampa selciata in salita conduce ai due fornici della porta: quello a sinistra
era riservato ai pedoni e quello a destra agli animali da soma e ai carriaggi leggeri
che portavano, dal mare, il sale e il pesce.
Addossati alla porta si vedono i resti di probabili magazzini e in basso si notano i blocchi squadrati
delle vecchie mura sannitiche, risalenti al IV - II sec. a. C.
A destra, attualmente, c'� l'ingresso dell'antiquarium dove si possono vedere calchi di vittime
dell'eruzione, di oggetti di ornamento e il calco dell'ara e del frontale del tempietto dionisiaco.









Sempre percorrendo le selciate stradine dove possiamo vedere
i curiosi "passaggi pedonali"



assai utili per passare da un marciapiede all'altro senza bagnarci scarpe e piedi
data la pioggia che continua a cadere, formando ampie pozzanghere.
Arriviamo al
Foro



centro della vita economica e religiosa di Pompei, il cui accesso
era riservato, pertanto, ai soli pedoni.
Con le sue considerevoli dimensioni, metri 38 per 157,
ed i grandi edifici pubblici che lo circondavano
con altrettante piazze minori,
era capace di contenere tutti gli abitanti della citt�.
Attorno alla grande piazza, nell'epoca sannitica, si sviluppava il porticato
con robuste colonne doriche di tufo che, ancora, si vedono, sul lato sud.



I Romani lo avevano interamente pavimentato in travertino ed avevano incominciato
a rinnovare il portico sui lati lunghi con colonne doriche, pure in travertino,
sormontate da un secondo portico con colonne ioniche.
A sud del Foro, c'erano tutti gli edifici destinati alla vita pubblica:
Basilica, Uffici Municipali, comizio.
A destra del Foro si andavano sviluppando grandiosi edifici destinati
alla vita economica e commerciale, intervallati da edifici religiosi.
Ogni edificio aveva la facciata ricca di architetture marmoree e di statue
con un proprio portico sul Foro.

La Basilica



grande 24 metri per 55,
� il pi� importante e pi� antico edificio pubblico
della citt�, costruita nel 120 - 78 a. C. rimane un classico esempio, a Pompei, dell'architettura preromana.
Inizialmente aveva funzioni anche di mercato coperto e, nel I secolo d. C., acquist� quelle di sede
di amministrazione della giustizia, sentenze civili e commerciali,
a tale scopo, sul fondo
venne costruito il "tribunal" a due piani, elegantissima costruzione in stile ellenistico.
con scale in legno, ai lati, per accedere al piano superiore.
La base di fronte al tribunal, sorreggeva, forse, la statua equestre dell'imperatore Augusto.
Le pareti laterali erano a doppio ordine, decorate a riquadri di finto marmo.
Numerose le frasi scalfite su queste pareti, duemila anni fa, fra le altre una che dice: "stupisco, o parete, che tu non sia crollata sotto il peso di tanti scrittori."
L'accesso principale era sul Foro, con un doppio porticato e ben cinque ingressi.
Con tutta probabilit� la navata centrale era a cielo aperto ed � di grande interesse immaginarsela
come doveva essere, cio� contornata da un gigantesco peristilio di 28 colonne corinzie, scanalato,
di diametro ognuna, di un metro e 10 centimetri e circa 10 metri di altezza
che dava al complesso
l'aspetto di una corte eccezionale e meravigliosa.




Subito dopo l'inizio della Via dell'Abbondanza, c'�
l'Edificio di Eumachia



costruito dalla sacerdotessa Eumachia per la corporazione dei tessitori,
tintori e lavandai che costituivano la massima industria pompeiana.
E' un complesso vasto quanto la basilica, costituito da una grandiosa corte
limitata da un porticato a due piani.
Dietro il porticato c'�rano i magazzini per il deposito e l'esposizione
delle stoffe prodotte.
Le trattative avvenivano sotto i portici e nel piazzale scoperto.
Sul fondo del porticato ancora si possono vedere le tre grandi absidi,
quella pi� grande conteneva la statua di Livia, moglie dell'imperatore,
venerata come Concordia Augustea,
ai lati c'erano le statue di Tiberio
e del fratello Druso.
Alle spalle della grande abside i "fullones" (lavandai) avevano eretto
la statua di Eumachia,
loro potente e munifica benefattrice.

Al lato opposto della strada, al numero 8, troviamo
la Casa del Cinghial

che � interessante visitare per i pregevoli pavimenti in mosaico all'ingresso
che mostrano il cinghiale assalito da due cani e nell'atrio e nel tablino
troviamo figure di teste dentro medaglioni.

La serie dei numerosi edifici che si affacciano sul Foro � chiusa dal
Macellum



un complesso costruito nell'epoca imperiale per il mercato coperto,
aveva grandi negozi di vendita, aperti sia all'esterno, cio� sulla Via degli Augustali,
e sul portico del Foro,
sia all'interno, cio� sul portico che contornava
il piazzale di metri 37 per 27.
Al centro del piazzale interno, con ancora tracce della ricca decorazioni pittorica
sulla parete di ponente,
c'era una rotonda con 12 colonne coperte a cupola
e con al centro una vasca d'acqua per il vivaio dei pesci.
Sul fondo si affacciano tre grandi locali, quello pi� grande
era destinato alla famiglia imperiale, di cui si sono trovate le statue di Ottavia
sorella di Augusto e di Marcello, figlio di Ottavia che ora sono al Museo nazionale di Napoli,
il locale a sinistra, probabilmente, era adibito a luogo di ristoro
e quello a destra, alla vendita del pesce.
Interessante � anche la facciata che d� sul Forum nella quale si aprono le botteghe
forse dei cambiavalute di allora, gli argentarii.


Intanto � smesso di piovere ed anche qualche timido raggio di sole si
affaccia tra le nuvole,
cos� da renderci pi� piacevole il prosieguo della visita.

Prossima sosta � al

Tempio di Giove



gigantesco isolato al centro del lato nord del Foro,
chiamato Capitolium, in puro stile italico, � eretto su un alto podio
di 3 metri di altezza, 37 di lunghezza e 17 di larghezza, con doppia gradinata frontale,
ha il pronao profondo ben cinque colonne e la cella riservata ai soli sacerdoti
contornata all'interno da un doppio ordine di colonne, con le caratteristiche
tre nicchie sul fondo destinate alla triade capitolina, Giunone,
Giove la cui testa colossale � al Museo Nazionale di Napoli e Minerva.
Nei sotterranei si conservava il tesoro pubblico -aerarium-
Costruito nel 150 a. C., forse sull'antico tempio etrusco,
diviene il principale tempio di Pompei con l'avvento della repubblica romana.
Rinnovato sotto Claudio, viene gravemente danneggiato dal terremoto
ed era in ricostruzione quando avvenne la tragedia finale.
Il tempio, in origine, era fiancheggiato da due archi di trionfo,
quello di sinistra era dedicato, probabilmente, a Germanico, quello di destra fu demolito
per godere della vista del terzo arco, costruito pi� in fondo, come ingresso nord al Foro
dedicato a Tiberio e nelle nicchie rivolte verso il Foro
c'erano le statue di Nerone e di Druso.
Si vedono ancora le tracce dei marmi che decoravano gli archi, gi� sormontati
dalle statue equestri degli imperatori.

Un accenno ci viene fatto poi per il
Tempio di Apollo



che, pur essendo adiacente a buona parte del portico del Foro
aveva funzioni completamente indipendenti dal Foro
tanto che l'orientamento e l'ingresso principale si trovano
sulla strada di Porta Marina accanto al fianco della basilica.
Il tempio fu innalzato dai Sanniti su un'area gi� consacrata dai Greci
al culto di Apollo fin dal V secolo a. C.
Dai cospicui resti si pu� facilmente immaginare come doveva essere duemila anni fa
il portico girava tutt'intorno all'area sacra ed al tempio, sulla parete di fondo
del portico erano dipinte scene dell'Iliade.
Addossate alle colonne si vedono ancora la bellissima statua di Apollo a destra
e il busto della statua di Diana,





i bronzi originali sono a Napoli, sul lato opposto
tutti e due saettanti come in una sfida di dei.
Sulle basi del portico d'ingresso si trovano le statue di Venere e di Ernafrodito.
Il tempio � di tipo italico come quello di Giove, una imponente gradinata conduce
sopra all'alto podio con il sacrario circondato da 28 colonne corinzie
di cui due ancora interamente erette sulla fronte.
Il vasto atrio contava sei colonne in facciata, originariamente divaricate al centro
e ben quattro in profondit�.
Nel piccolo sacello troneggiava la statua del dio.
Sul pavimento si legge ancora l'iscrizione osca del questore Campanio
che lo fece eseguire con il tesoro del tempio.
Presso l'uscita secondaria, alle spalle del tempio, c'era la stanza
del sacerdote custode.
Davanti alla gradinata spicca ancora il maestoso altare all'aperto dell'epoca repubblicana



e a sinistra sta la colonna ionica eretta dai duumviri Sepinnius ed Erennius,
per sorreggere l'orologio solare.



Nell'epoca neroniana tutti gli elementi architettonici furono alterati da ricche decorazioni
in stucco ora, quasi, del tutto scomparse.

Ci viene poi indicato il tempio della
Fortuna Augustea



che sorge all'estremit� di Via del Foro, all'ingresso della Pompei nord,
nella zona del massino centro urbano.
L'edificio fu finanziato esclusivamente da Marco Tullio, duumviro confermato
per ben tre volte ed era dedicato all'imperatore
e officiato dagli augustali.
Sulla parte inferiore della gradinata che portava al tempio, poggiava l'altare
all'aperto e l'accesso ala gradinata superiore era protetto da un'inferriata,
Sul basamento spiccava l'elegante facciata con quattro snelle colonne corinzie.
Un pronao poco profondo conduceva alla cella, all'interno della quale
si scorgono ancora parte dell'edicola centrale e delle quattro nicchie laterali.
Tutto il sacrario era rivestito di marmo, una delle statue che erano nelle nicchie
era dedicata ad Augusto, venerato come padre della Patria.

Qui sotto come era il tempio duemila anni fa.



L'Arco di Caligola



poi ci apre alla  suggestiva visione della
Via di Mercurio



che conduce fino alla massiccia torre sannitica ed alla vista
dell'onnipresente Vesuvio.
Ai piedi dell'arco si vedono ancora i rivestimenti in travertino
dalle profonde fessure che si notano sui lati
con tutta probabilit� sporgevano delle robuste mensole per sorreggere
statue e trofei esaltanti la divinit� del pazzo e crudele G. Cesare Germanico
detto Caligola, imperatore dal 37 al 41 d. C.
La Via di Mercurio era una strada prevalentemente residenziale,
piena di interessanti dimore e si presentava con i piani terra aperti
da poche porte e finestre, i negozi erano quasi tutti all'incrocio
con i primi piani, pi� o meno simili s quelli visibili in Via dell'Abbondanza.
cio� aperti con finestre, loggiati e sporgenti sulla strada con balconi
e con camere a sbalzo.

Camminando sempre lungo la Via dell'Abbondanza, arriviamo all'ingresso principale delle




che prendono il nome dalla via Stabiana dove c'� anche il panificio.
Sono le pi� grandi, le meglio conservate e le pi� antiche perch� costruite
appena i Romani penetrarono in Pompei.

Per gli abitanti era in vigore la pratica di venire alle Terme nel primo pomeriggio,
dopo il lavoro e prima di tornare a casa a mangiare.
Oltre che una funzione sportiva, esse avevano anche una funzione sociale
in quanto vi si facevano incontri d 'affari, si prendevano accordi, si stipulavano contratti.

Alimentato dall'acquedotto augusteo, tutto il complesso gravita attorno al grande
peristilio trapezoidale, si vedono le colonne in tufo del periodo sannitico-repubblicano,
coperte da uno spesso strato di intonaco nel periodo imperiale.
La zona a levante � destinata ai bagni degli uomini ed in minima parte a quelli delle donne
in mezzo c'� l'impianto per il riscaldamento.
Lo spogliatoio degli uomini � coperto decorato con bellissimi stucchi dell'era flavia:
amorini, trofei e baccanti.



Nell'ambiente pi� grande,
si vedono anche le panchine di marmo e le nicchie per riporre gli abiti



tipico l'impianto di riscaldamento del calidarium, infatti l'aria calda veniva fatta circolare
sotto e lateralmente al pavimento, poi vediamo anche il frigidarium e il tepidarium
nelle tipiche costruzioni.
La maggior innovazione dell'epoca imperiale sta nelle attrezzature della Palestra.



In essa, infatti, si poteva alternare il nuoto con gli esercizi ginnici
nelle varie discipline sportive.
Ai lati della grande vasca, oltre lo spogliatoio, c'erano i locali per ungersi con olio e sabbia
prima del pugilato e per detergersi il sudore con una specie di pettine cucchiaio- striglia-.
Nel portico di fronte c'� l'erma di Mercurio, dio della palestra.
Sulla parete a ponente rimangono vaste tracce della ricca decorazione a stucchi colorati
con architetture fantastiche e figure, si intravedono sulla porta Giove con lo scettro e l'aquila,
su un pilastro Ercole e Satiro.

Nella vasta rientranza c'� la piscina scoperta di circa 13 metri per 8 e profonda 1,50 metri.
Ai lati si vedono ancora le tubature di piombo che portavano l'acqua.
Il reparto donne aveva due accessi completamente indipendenti;
la vasca per il bagno freddo era nello stesso spogliatoio.
Tra i calidarii dei due reparti c'� l'impianto di riscaldamento
dove si vede la fornace e le tre grandi caldaie cilindriche: tiepida, calda e caldissima.

Lasciate le terme, procediamo lungo la Via dell'Abbondanza
le cui case sono in ristruttirazione



che, tra l'altro, ci dice la guida,
� un nome datole dopo gli scavi poich� lungo questa via si trova il maggior numero di botteghe,
fonte di risorse economiche per la citt�, incontriamo appunto la bottega del pane,
quella della mescita di bevande,





e quelle che noi chiamiamo di abbigliamento,
poi una sosta per vedere qualche fontana





Arriviamo poi a visitare una casa che, come ci dice la guida,
� la prima interessante abitazione davanti alle Terme.



Tipico esempio di casa media acquistata e rinnovata dalla classe
che andava dominando economicamente negli ultimi anni, era impreziosita
da opere d'arte che, con i primi scavi del Settecento, furono portate
al Museo nazionale di Napoli, come i dipinti gi� nell'atrio e nel peristilio,
sacrificio di Ifigenia, Ratto di Briseide, Hera e Zeus, e il mosaico del tablino,
rappresentante una prova di teatro classico.
Dall'ingresso si passa al vestibolo, poi all'atrio con la tipica apertura
a cielo aperto



per far entrare i raggi del sole o la pioggia che poi veniva raccolta
nell'impluvio, vasca sottostante.

Ben conservati sono ancora gli affreschi nelle pareti laterali dell'trio.



Vitruvio racconta che per fare un affresco perfetto occorre mettere
sette strati di intonaco, poi fare il disegno poi mettere i colori,
cos� i colori sarebbero restati per sempre, in realt� gli strati di intonaco
erano solo tre.

Poi si passa alla camera da letto, a quella dell'arredamento dove c'�
la tabula su cui vengono esposti, come in una vetrina, gli oggetti pi� belli
della casa, quindi nel peristilio e nei giardini.

Questa � l'unica casa che avremmo visitato poich�, a detta della guida,
sono un po' tutte uguali, pi� o meno lussuose ma simili nella struttura.

Ci dirigiamo poi verso l'anfiteatro



che, insieme alla Grande Palestra costituisce un grandioso complesso
che invadeva un'area talmente vasta da poter contenere gli altri due Fori insieme
con tutti i loro edifici.

L'Anfiteatro venne costruito nell'anno in cui Pompei divenne colonia romana,
cio� nell'80 a. V. Artefici ne furono gli stessi magistrati che, in precedenza,
avevano costruito il Piccolo Teatro. Quest'edificio � di importanza eccezionale in quanto � il pi� antico anfiteatro
che si conosca. Misura circa 135 metri per 104 e poteva contenere circa 20 mila persone.
A differenza di tutti gli anfiteatri che verranno dopo, le rampe d0accesso
sono tutte esterne, sotto l'arena non vi sono sotterranei e gran parte della cavea
� scavata sotto il livello della piazza.
L' -ima cavea- aveva 5 gradoni riservati ai dignitari, la -meria cavea- aveva 12 gradoni
e la -summa cavea- ne aveva 18.
la galleria superiore, ben separata dalle altre zone ed accessibile mediante scale
e disimpegni propri, era riservata alle donne, ammesse agli spettacoli, grazie
ad un esposto dell'imperatore Augusto.
Lungo il coronamento superiore si vedono gli anelli di pietra
dove erano infissi i pali per sorreggere il grande telone di copertura.
Questo immenso -velarium- come 100 anni pi� tardi, nel maggior Colosseo di Roma,
serviva a proteggere tutto l'Anfiteatro dal sole e dalla pioggia.
L'edificio era dedicato esclusivamente allo sport ed agli spettacoli con lotte
di gladiatori, cacce e combattimenti con bestie feroci.
Introdotte dai Romani, queste manifestazioni acquistarono notevole interesse
tanto che si dovette ben presto ampliare l'Anfiteatro.
In esso affluivano da tutte le citt� vicine ed il fanatismo di parte
era fortemente sentito.
Come riporta Tacito nei suoi -Annali- durante uno spettacolo gladiatorio del 59 d. C.
si accese una rissa fra pompeiani e nucerini, provenienti dalla vicina Nuceria,
oggi Nocera, di tale violenza e con tale numero di morti e feriti che,
sull'esposto di Nerone, il Senato romano, proib� la prosecuzione degli spettacoli
per ben dieci anni.

Una breve visita, per concludere, ai teatri, Grande e piccolo.

Il Teatro Grande



fu adattato in una vasta ansa del terreno sul finire del III secolo a. C.
All'epoca di Augusto venne ampliato ed adattato, secondo le nuove esigenze,
dall'architetto M. Antonius per conto degli Olconii.
Di questa epocca sono la crypta con la -summa cavea- cio� l'ordine superiore dei posti;
i -tribunalia- cio� i palchi ricavati sopra agli ingressi laterali, riservati
alle sacerdotesse e a chi presiedeva allo spettacolo,
Questi posti venivano ad aggiungersi alla -media cavea- di 15 gradoni, divisa in
5 settori e all'-ima cavea- che era quella pi� in basso, dove erano i posti riservati
alle pi� alte personalit� cittadine.
Negli ultimi anni anche l'-orchestra-, cio� la platea semicircolare davanti
al palcoscenico, era occupata dai maggiorenti pompeiani e il teatro poteva
cos� contenere circa 5 mila persone.
Tra il palcoscenico e l'orchestra c'� una lunga asola dove, all'inizio degli spettacoli,
si raccoglieva il telone.
i due ampi ingressi ai lati del palcoscenico, erano destinati alle
grandi manifestazioni in teatro.
la scena romana, costituita su quella di tipo greco
che consisteva in un semplice fondale
con due avancorpi, rappresenta una facciata monumentale decorata da colonne,
cornici, timpani, statue e fontane zampillanti.



Tutta la -grande cavea- era protetta da un telone - velariuma- retto da pali
confitti negli anelli che ancora si vedono sul dorsale della -summa cavea-.
Il teatro � costruito in pietrame, solo la scena � costruita in muratura e mattoni.

Il Teatro Piccolo



� uno dei pi� perfetti esempi di teatro coperrto -theatrun tectum-
cio� di un Odeon che anticamente veniva destinato alla musica
e alle recite mimate.
Fu costruito nell'80 a. C. dui duovirii Q. Quintius Valgus e M. Porcius.
La -summa- e -media cavea- avevano complessivamente 17 gradoni in tufo.
Un alto parapetto di cui resta un brevissimo tratto nella zona di sinistra,
divideva i quattro gradoni dell'-ima cavea- dalla aprte superiore;
agli esterni inferiori della -meia cavea- due statue in tufo a sostegno
di mensole.
I posti dei decurioni erano distinti da laterali costituiti da zampe alate
di leoni.
il grande cubo murario che taglia al'esterno gran parte dei gradoni della cavea,
sosteneva un'ardita copertura fissa a forma piramidale all'esterno e,
probabilmente, controsoffittata all'interno.

Finisce cos� la nostra visita, certo non abbiamo visto tutto
che ci sarebbe voluto pi� di un giorno per conoscere tutti i particolari
della citt� ma gran parte di essa � stata da noi percorsa
e ci siamo potuti rendere conto che, dopo tutto, la loro vita non era poi
tanto dissimile dalla nostra ed anche di quale immensa tragedia colp�
quella sfortunata popolazione-








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