La prima email







Ieri sera, mentre in posta cercavo di mettere ordine tra le lettere arrivate, ho ritrovato la tua prima email, quella che mi scrivesti, ormai, parecchi anni fa
Quanto tempo se ci penso, quanto tempo�
quanto tempo perso o guadagnato?,
chiss�.
Non sei stato poca cosa,
no,
non lo sei stato affatto,
non lo sei tuttora ma ora tante cose le so, le conosco, tante cose sono cambiate,
noi stessi siamo cambiati,
allora il treno che per caso ci trovammo a prendere assieme si stava appena muovendo dalla stazione di partenza e i paesaggi erano tutti da scoprire, da vedere, da raggiungere, da vivere.
Eri dolcissimo in quell�email anche se conteneva soltanto poche rughe per augurarmi la buona notte e dirmi quando mi avresti chiamato, dolcissimo come sempre sei stato con me bench�, spesso, non lo meritassi, per il mio carattere angolare e spigoloso, contrastato ed insicuro che, comunque, hai sempre saputo capire e stendere, appianandone gli stropicciamenti.
Percorrendo strade diverse arrivammo in quella stazione, sconosciuta ad entrambi, ampia ed affollata da arrivi e partenze e, senza neppure accorgercene ci sfiorammo il sorriso trovandoci appaiati sugli stessi gradini perch�, per volere del caso o di chiss� chi, stavamo salendo sul medesimo treno.
Diretti dove?
Ma non lo sapevamo allora come non lo sappiamo neppure ora.
Ogni tanto ci sembra di aver raggiunto il capolinea di questo nostro viaggio ma poi, chiss� perch�,
quando il treno riparte noi ci siamo ancora sopra, magari in scompartimenti diversi e ci capita di incontrarci
lungo il corridoio mentre andiamo in bagno o al vagone ristorante o per sgranchirci semplicemente le gambe visto che il viaggio � lungo e non siamo neppure sicuri noi in quale stazione scenderemo.
C�incontriamo e ci scambiamo un sorriso ancora, come allora e qualche parola di circostanza perch� non ci � dato potercene scambiare altre, io le trattengo dentro, quante cose non ti ho detto!, non so tu,
sei stato sempre molto pi� bravo di me a non farmi capire l�unicit� di questo viaggio ma sei stato sempre molto pronto a non permettermi di scendere quando mi pareva di percepire in te il pensiero di voler scendere a tua volta,
alla prossima stazione senza di me.
Era soltanto perch� stavamo passando sotto una galleria e i raggi del sole si erano fermati sull�arco d�ingresso.
Poi il cielo tornava aperto e ci incantavamo ancora dentro quei paesaggi illuminati dal sole o accarezzati dalla luna ed erano
le mie mani allora e le tue mani, esplorandone i viottoli pi� nascosti ed impervi a farcene conoscere tutta la bellezza.
Ed ogni volta un nuovo stupore mi riempiva il cuore rimpiangendo il tempo in cui la velocit� del treno non mi aveva permesso di goderne ancora di quelle meraviglie e benedicendo il tempo che, a fatica, avevo guadagnato per arricchire la mia anima.


(Pagine di diario 30 dicembre 2008)


Da �In un pozzo�la luna�  

 








 

 






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