I bambini: le nostre speranze 

 

Poco fa, ascoltando un tg, mi sono venute in mente alcune considerazioni che, brevemente, esporr�, per vedere che effetto fanno trasportate in parole e se sono poi considerazioni degne di nota o fanno parte esclusivamente del mio ragionare un po� balzano.
Da che mi ricordo, � costume, da parte di giornali, tg, e quant'altro si occupi dell�informazione pubblica, annotare, mantenendo una simpatica tradizione, i primi nati di ogni nuovo anno.
E anche oggi, 1� gennaio 2008, ogni tg o gr aveva la sua bella listarella di nuovi nati, con dolci immagini di mamme e pargoletti, in video, con solo nomi dei piccoli in audio, comunque sempre cosa gradevole perch� ogni nuovo nato � una benedizione del Signore, soleva dire mia nonna, ed infatti vedere un bambino appena nato � sempre una gioia.
Mi hanno dato da pensare per� le parole che pi� di un giornalista, relatore del servizio, ha usato presentando i piccoli e definendoli �le nostre speranze�.
Belle parole, non c�� che dire, parole che sanno di profumo, di fiocchi rosa o celesti, di tenerezza ma al di l� del momento �coccole�, speranze di che cosa, mi � venuto da pensare.
La speranza secondo alcune definizioni � l�attesa fiduciosa di un qualcosa di gradito e confortevole, un qualcosa di buono per noi e per gli altri, un�interazione multipla, insomma ma poi tutti sappiamo bene cosa sentiamo quando pronunciamo o scriviamo questa parola, � una delle parole, credo, tra le pi� usate al mondo.
Penso che i giornalisti abbiano voluto intendere speranza in un mondo migliore, ecco se � un augurio utopistico ci pu� anche stare ma se ci portiamo in questo quotidiano che ci vede, volenti o no, partecipi mi chiedo: ma cosa stiamo facendo noi qui ed ora per far s� che questi nuovi nati possano essere le speranze per un qualcosa di diverso per tutto il nostro sistema mondiale?
Mi � bastato far riferimento agli altri servizi di un tg per confermarmi che non si sta, non stiamo facendo nulla, vorremmo che si facesse ma poi non si sa chi dovrebbe cominciare e da dove.
Come dico sempre da fare ci sarebbe e cominciando dalla base, se si vuole, ci si potrebbe fare a far girare l�asse mentale.
Tutto questo discorso per dire come, a volte, le parole si adoperino cos� tanto per�senza entrare nel significato che la nostra con(in(venzione umana ha loro dato.
A questo proposito sto pensando a un qualcosa di piccolissimo ma sintomatico per capire cosa si potrebbe fare perch� i bambini diventino le nostre speranze.
Si potrebbe, ad esempio restituire alla parola extracomunitario il suo valore semantico ed adoperarla di conseguenza.
Come si lega con i bambini e con le speranze tutto ci�?
Se vi chiedessi: �Chiamereste extracomunitario uno svizzero o un norvegese?"
Probabilmente restereste un attimo perplessi, qualcuno risponderebbe anche di no.
Eppure neanche loro fanno parte della comunit� europea per definirne i non appartenenti, appunto, tale termine nacque.
E� inutile ampliare ancora il discorso perch� tutti sappiamo con quale significato, invece, essa venga usata e non per colpa di qualcuno ma per consuetudine, il fatto � per� che la consuetudine finisce per comprendere il buono e il cattivo, il colpevole e l�incolpevole, contrassegnandola come parola di poco rispetto.
Ecco, per tornare ai bambini, se si cominciasse ad insegnare loro il vero significato di tale parola ed usarla opportunamente appropriata, sarebbe una speranza per il futuro verso una riconquista del valore del rispetto che oggi � purtroppo molto in degrado.
Ma perch� ci� posa avvenire dovremmo cominciare noi, da ora, da subito anzi da prima di subito e quando dico noi, intendo soprattutto chi ha il compito della divulgazione come giornalisti, insegnanti, genitori eppoi certo tutti, perch� le consuetudini si acquisiscono con l�agire comune.
E cos� tutto e cos� per gli animali, per riallacciarmi alle mie lotte contro la vivisezione, se vogliamo che i piccoli siano le nostre speranze, se vogliamo che ci siano benefici fuori e dentro di noi, nel nostro ambiente interno ed esterno.

01/01/2008

 


 

 

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