"Cavalli, colonnelli e cavalieri"


di -� Iashper

Racconto




Foto -�Iashper (Un grazie all'autore per avermi concesso
le foto presenti in queste pagine)




 

Parte prima


Raggiungevo il maneggio a piedi, partendo dal lungomare in tenuta personalissima, che nulla aveva a che vedere con quello che dovrebbe essere un abbigliamento da equitazione.
Nacque cos� il mio avvicinamento al mondo dei nitriti, senza
nessuna passione particolare, se non quella di dimostrare a tutti quei damerini che le facevano il filo quanto in fondo potesse essere facile per me salire su una di quelle strane bestie e condurle dove volessi.  Mi accorsi in brevissimo tempo che non era esattamente cos�,  quindi il mio approccio con il cavallo fu innaturale, in sella ero il classico Paperino incazzoso e isterico che vuole ottenere tutto subito e si stupisce
di non riuscirci.
Correva l'anno 1981 quando decisi di affrontare quella scommessa
con me stesso, senza voglia dentro, senza nessun sentimento particolare se non la gelosia. Una sera decisi che non mi stava pi� bene aspettarla nel dehor di quel vecchio e storico bar ligure, consueto luogo di raduno delle compagnie estive per stabilire di volta in volta le mete delle serate. La discoteca non faceva per me, e trovare una ragazza che condividesse la mia passione per la pesca era quasi un'impresa impossibile, per cui mi limitavo a condividere la compagnia del gruppo fino al momento della scelta della meta. Ogni meta non mi andava bene, fatta eccezione
per quando si decideva di scendere in spiaggia a cantare e suonar la chitarra: s�, quella scelta mi piaceva sempre,  le ragazze mi sembravano pi� ragazze sulla spiaggia notturna, lontano dall'artificio della disco-dance. E poi avevo la mia inseparabile canna da pesca, che mi permetteva di sfoggiare con superbia la mia innata voglia di solitudine pur trovandomi in piacevole compagnia.  Mi piaceva ascoltare i loro canti, le note delle chitarre, ma dopo un po' mi assaliva il desiderio di continuare ad ascoltarli appartandomi, e vivere la mia solitudine che solitudine
non era,  ma forse solo un selvaggio e primordiale senso di egoismo: godere della presenza degli amici, sapere che erano l� a due passi, ma usare la loro presenza senza pi� farmene partecipe attivo, amavo troppo sentire le loro voci arrivarmi alle orecchie rarefatte,  ovattate dal dolce rumore del mare.
Scelsi molto presto, nella mia vita,  di essere un selvaggio, e pi� avanti nel tempo il mio approccio al pianeta dei cavalli mi diede modo di mettere la cornice mancante a questo quadro stupendo rappresentato dal mio modo di vivere.
Raggiungevo il maneggio a piedi, partendo dal lungomare: era il classico maneggino senza pretese, uno dei tanti in cui non si pu� dire che si pratichi l'equitazione nel vero senso della parola, ma a me andava benissimo, io non avevo certo intenzione di apprendere quella che in seguito scoprii nel suo valore di arte, volevo solo dimostrare a lei, e di riflesso agli altri, che il suo Principe Azzurro non avrei potuto essere che io. Un Principe che si presentava al maneggio in calzoncini corti e scarpe da ginnastica, guardando con una certa sufficienza i damerini con tanto di pantaloni elasticizzati e stivali di cuoio. Dopo la prima volta, letteralmente scorticato nelle gambe dal contatto con i " quartieri " della sella e il
pelo del cavallo, optai per i jeans e apposite ginocchiere da calciatore, ma montare a cavallo con i jeans ( soprattutto per un neofita ) � quasi come farlo a gambe nude: la tela dei jeans � micidiale durante lo sfregamento con i fianchi dell'animale, e le ginocchiere sortivano solo l'effetto di allontanare le mie cosce dal contatto col quadrupede. Mi rassegnai quindi a comprare i pantaloni da equitazione e un paio di stivali di gomma, i quali, per quanto aderenti possano essere, non garantiscono mai l'aderenza al polpaccio degli stivali di cuoio, fattore molto importante in equitazione. Sembravo un pescatore di rane del vercellese. Ma tant'�... a me che doveva importare?
Io stavo percorrendo i miei primi metri su un cavallo a puro scopo dimostrativo, e il mio orgoglio era cos� smodato che ancora non mi accorgevo che il mio destino stava ineluttabilmente cambiando,
da quel lontano giorno dell'agosto 1981.
Trattenendo a stento le smorfie di dolore causatomi dalle piaghe alle gambe e soprattutto all'interno delle ginocchia, muovevoi miei primi passi con Rossese, o meglio, li muoveva lui, io ci stavo seduto sopra
con il rigido assetto di un palo della luce. E intanto guardavo lei,  amando in silenzio i suoi movimenti in sintonia con l'animale, la sensualit� che si sprigionava da quell'armonioso contatto, senza accorgermi che gi� stavo respirando, a tratti,  il futuro.


Iashper


( continua )  





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