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L'arminuta



di Donatella Di Pietrantonio

Edizioni Einaudi

Prima pubblicazione 7 febbraio 2017
Pagine 176

Vincitore Premio Campiello edizione 2017





"Ero l'Arminuta, la ritornata.
Parlavo un'altra lingua e non sapevo pi� a chi appartenere.
La parola mamma si era annidata nella gola
come un rospo.
Oggi davvero ignoro che luogo sia
una madre.
Mi manca come pu� mancare
la salute, un riparo, la certezza.

- Ma la tua mamma qual �? - mi ha domandato
scoraggiata.
- Ne ho due.
Una � tua madre.-

Il momento dell'incertezza comincia
quando l'Arminuta
con una valigia in mano
e un sacco di scarpe nell'altra,
suona a una porta sconosciuta.
Ad aprirle, sua sorella Adriana,
gli occhi stropicciati,
le trecce sfatte:
non si sono mai viste prima.

E da qui inizia,
per una ragazzina di tredici anni,
un incubo.
Da un giorno all'altro perde tutto il mondo
in cui era vissuta fino ad allora,
una confortevole casa fronte mare,
le amiche pi� care,
l'affetto dei suoi genitori,
o meglio, quelli che credeva i suoi genitori
perch� viene restituita
all'improvviso e senza alcun motivo apparente,
alla famiglia di origine.
Ben diversa e molto dura � la situazione in cui viene a trovarsi.
�La donna che mi aveva concepita
non si � alzata dalla sedia.
Il bambino che teneva in braccio si mordeva il pollice da un lato della bocca,
dove forse voleva spuntargli un dente.
Tutti e due mi guardavano e lui ha interrotto il suo verso monotono.
Non sapevo di avere un fratello cos� piccolo.
� Sei arrivata, � ha detto lei. � Posala, la roba.�
E' accolta senza tante cerimonie in una casa che le � estranea
piccola e buia,
� costretta a condividere la stanza con i fratelli
e il letto con la sorella Adriana.
Si sente un'estranea fra estranei: un padre che cerca di guadagnare un salario
seppur minimo,
una madre sempre sommersa da faccende domestiche
e priva di qualsiasi affettivit�,
mal vista dai fratelli poich� � una bocca in pi�
a consumare il cibo, sempre troppo poco,
La vita in quel paesino dell'entroterra abruzzese,
dove � ambientato il romanzo,
� molto dura, siamo nel 1970
e il concetto di miseria oltrepassa quello
di fame e povert� che rende gli adulti violenti,
rabbiosi, depressi, anaffettivi.
Si sente in colpa l'Arminuta, per essere arrivata
a rendere ancor pi� difficile quella realt�
e conserva in cuore la speranza che la madre venga a riprendersela.
Succeder� ma non servir�
a sanare quella mancanza di identit� che ormai
si era impossessata della ragazza
rinforzando da un lato la sua personalit�
e fiducia in se stessa
e dall'altro l'amore per una sorella ritrovata.

Pagine molto intense ed emozionanti
scritte con delicatezza e maestria linguistica
che addolciscono i momenti difficili
che l'Arminuta si incontra a vivere
�� orfana di due madri viventi.
Una mi aveva ceduta con il suo latte ancora sulla lingua,
l�altra mi aveva restituita a tredici anni � senza
motivazioni apparenti.
e momenti dolci con gli unici contatti affettivi
di quella sua difficile realt�:
la rude piccola Adriana
e uno dei fratelli, Vincenzo,
che le � comunque estraneo e che la porta allo scoperta
di sentimenti nuovi,
brividi inaspettati che rimangono sospesi.
E' un tema difficile quello che la scrittrice affronta
nel romanzo: l'infanzia privata degli affetti primari
e costretta ad interrogarsi sulla verit� e il male,
sulla nascita e la morte, l'innocenza e la colpa.
Ma io ero una bambina e i bambini non fanno paura",
si dice l'Arminuta di fronte alla madre che la guarda come un fantasma
e una famiglia che si riprende di malavoglia una figlia che non aveva scelto di partire
n� tantomeno di ritornare.
E quindi vive come una colpa dolorosa l'essere nata
ma l'istinto di sopravvivenza la porta a cercare stratagemmi
ispirati ora dall'intelligenza
ora dall'istinto, ora dal calcolo,
ora dall'incoscienza,
per cercare di riprendersi se stessa e la sua vita
con tutti i diritti per il fatto stesso di essere venuta al mondo.
E sono soprattutto momenti di piccole cose
che aiuteranno l'Arminuta a superare incertezze e difficolt�
e ad incamminarsi, con fiducia, lungo la strada della vita.
E uno di questi momenti, forse il pi� importante, � quando
roteando verso il cielo su una giostra itinerante portata in citt� dagli zingari,
gli amici del suo fratello ribelle,
nell'ebbrezza della salita, proprio prima di buttarsi nuovamente nel precipizio della discesa,
la ragazzina sente "una specie di felicit�".
� questo forse il segreto impulso che la spinge a non rassegnarsi
ad accettare qualcosa che altri hanno deciso per lei.



Donatella Di Pietrantonio � nata ad Arsita, in provincia di Teramo.
Si � poi trasferita per studio all'Aquila,
citt� cui � legata e dove,
nel 1986, si � laureata in Odontoiatria nella locale Universit�.
Da lungo tempo risiede a Penne,
in provincia di Pescara,
dove esercita la professione di dentista pediatrico.
Ha esordito nel 2011 con il romanzo Mia madre � un fiume,
ambientato nella terra natale
e vincitore della quinta edizione del Premio Letterario Tropea.
Nello stesso anno pubblica il racconto Lo sfregio
sulla rivista �Granta Italia� di Rizzoli.
Nel 2013 pubblica il suo secondo romanzo, Bella mia,
dedicato e ambientato all'Aquila.
L'opera, influenzata dalla tragedia del terremoto del 2009
e incentrata sul tema della perdita e dell'elaborazione del lutto,
� stata candidata al Premio Strega ed ha vinto il Premio Brancati nel 2014.
Nel 2017 esordisce con Einaudi pubblicando il suo terzo romanzo, L'Arminuta,
anch'esso ambientato in Abruzzo
anche se non in un luogo geografico preciso e definito;
lo stesso titolo � un termine dialettale traducibile in �la ritornata�.
Il libro approfondisce il tema del rapporto madre-figlio
nei suoi lati pi� anomali e patologici.
L'opera si � aggiudicata il Premio Campiello dello stesso anno.
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