Le poesie
di
Dino Campana





La voce poetica che si apre verso le esperienze liriche che caratterizzano il dopoguerra �, senza dubbio, quella di Dino Campana.
Egli rappresenta un caso a s� in tutta la letteratura italiana:

"Alzai la testa e ricercai la stella
Avvelenata sotto cui sono nato

BR> questi due versi rivelatori sono la terribile sentenza che suggell� il suo destino. La vicenda stessa di quest'uomo appare come una lunghissima stagione di follia indomabile.

Nasce il 20 agosto del 1885 a Marradi, nella provincia di Firenze, il padre Giovanni � un maestro elementare poi direttore didattico, descritto come un uomo perbene ma di carattere debole e remissivo, la madre Francesca Luti, detta "Fanny'", � una donna severa e compulsiva, affetta da mania deambulatoria e fervente credente cattolica.
Secondo alcuni studiosi, l�origine del disagio psichico di Campana deriverebbe proprio dalla mania deambulatoria della madre. la quale, ogni tanto spariva da casa e non si conosceva la meta del suo sparire.
Il fratello di Fanny, affetto da pazzia, vive sotto lo stesso tetto quando gi� era nato Dino.
Tutto il paese dar� valore alla "ereditariet�", stabilendo una connessione tra zio e nipote.
Nel 1888 nasce il fratellino Manlio.
A seguito di tale evento Fanny, per evitare ulteriori gravidanze, rifiuter� ogni rapporto coniugale.
La madre riversa tutte le sue cure al neonato, ignorando deliberatamente Dino che soffre molto per questo atteggiamento materno e finisce col chiudersi sempre di pi� in se stesso.
Frequenta le elementari a Marradi poi la terza, quarta e quinta ginnasio presso il collegio dei Salesiani di Faenza, con scarso profitto.
Prosegue gli studi liceali dapprima presso il Liceo Torricelli della stessa citt�, e in seguito a Carmagnola (in provincia di Torino), presso il regio liceo Baldessano, dove consegu� la maturit� nel luglio del 1903.
Rientrato a Marradi, le crisi nervose si acutizzano, come pure i frequenti sbalzi di umore, sintomi dei difficili rapporti con la famiglia, soprattutto con la madre e con gli abitanti del paese, i coetanei, infatti, lo scherniscono e lo deridono.
Per ovviare alla monotonia delle serate marradesi, specie nella stagione invernale, Dino era solito recarsi a Gerbarola, una localit� poco distante dal borgo, dove con gli abitanti del luogo trascorreva qualche ora mangiando le caldarroste (la castagna � infatti il frutto tipico di Marradi), comunemente indicate col termine regionale bruciate.
Questo tipo di svago sembrava avere effetti positivi sui suoi disturbi psichici
La situazione per� va via via peggiorando, Dino resta fuori casa quanto pi� pu�, si apparta, si rifugia nei boschi a contatto con la natura, legge, si nasconde nei fienili per interi giorni senza toccar cibo.
Ogni volta che discende in paese, lo scherniscono, e allora il ragazzo s'identifica, perversamente, nel personaggio del pazzo.
All'et� di diciotto anni, nell'autunno del 1903, si iscrive all'Universit� di Bologna, al corso di laurea in Chimica pura, e nel gennaio dell'anno successivo entra a far parte della scuola per gli ufficiali di complemento di Bologna.
Non riesce per� a superare l'esame per il ruolo di sergente, e viene quindi prosciolto dal servizio e in seguito congedato.
Nel 1905 passa alla Facolt� di Chimica farmaceutica presso l'Universit� di Firenze, ma dopo pochi mesi torna nuovamente a Bologna.
Il poeta esprimeva il suo "male oscuro" con un irrefrenabile bisogno di fuggire e dedicarsi a una vita errabonda: la prima reazione della famiglia, del paese e successivamente anche dell'autorit� pubblica, �, per�, quella di considerare le stranezze di Campana come segni lampanti della sua pazzia.
Ad ogni sua fuga, che si realizzava con viaggi in paesi stranieri, dove si dedicava ai mestieri pi� disparati per sostentarsi, seguiva, da parte della polizia (in conformit� con il sistema psichiatrico del tempo, e a seguito delle incertezze dei familiari) il ricovero in manicomio.
Inoltre, veniva visto con sospetto per i tratti somatici giudicati "germanici" e per l'impeto con cui discuteva di poesia e filosofia.
Viene internato, per la prima volta nel manicomio di Imola (in provincia di Bologna, nel settembre del 1905, tenta una fuga gi� tra il maggio e il luglio del 1906, per raggiungere la Svizzera e da l� la Francia.
Arrestato a Bardonecchia (in provincia di Torino) e di nuovo ricoverato presso l'istituto di Imola, ne esce nel 1907 per l'interessamento della famiglia a cui era stato affidato.



A 19 anni, Dino prende il primo treno per il nord.
Sar� a Milano, poi in Svizzera, infine a Parigi, ove acquisisce conoscenze di pittura moderna che affioreranno nella sua opera letteraria.
I viaggi disperati sono quelli di un eterno fanciullo, rapito nell'anima dal demone della poesia:

"Tutto era mistero per la mia fede, la mia vita era tutta un'ansia del segreto delle stelle, tutto un chinarsi sull'abisso.
Ero bello di tormento, inquieto, pallido assetato errante dietro le larve del mistero...".

Campana conosce in terra francese i poeti "maledetti" Baudelaire, Rimbaud, Verlaine.
Pi� volte lo fermano per vagabondaggio.
Per sbarcare il lunario fa i pi� svariati mestieri.
Infine torna a Marradi, ma per poco.
Ama troppo la vita da nomade, l'aria aperta, la vastit� delle valli coi suoi echi e i suoi silenzi rispecchianti i paesaggi segreti dell'anima e che gli aprono il cuore sull'infinito.
Intanto, via via, va componendo le poesie che formeranno I canti orfici, la raccolta sar� ultimata nel 1913.
Nella sua poesia visionaria sembra trasparire un rapporto spirituale con quella di Rimbaud. Si � molto insistito, all'inizio, sull'influenza del poeta francese, ma essa � stata giustamente rimessa in discussione dalla critica pi� recente.
Nella poesia di Campana, la Notte � il suo simbolo visivo.
E in essa appaiono lampeggiamenti, immagini frantumate...
Egli cerca il risarcimento della sua fame di vita in una poetica dilacerata, sia come simbolo di bellezza ideale, sia come incarnazione di una condizione umana che fa di lui uno sradicato, un anarchico.
Scrive Galimberti che Campana fu poeta "nel segno della poesia come vita".
Emilio Cecchi parla di "un esempio di eroica fedelt� alla poesia: un esempio di poesia davvero col sangue".
In Argentina, dove resta per poco, Campana svolge vari lavori per vivere. E' in Olanda, Belgio, attraversa a piedi intere regioni.
Viene arrestato per vagabondaggio e trascorre due settimane nel manicomio di Tournay.
Torna a Marradi ancora una volta, per poco tempo, nel 1908.
Vaga ancora, spirito inquieto e tormentato.
Questa sua ansia di muoversi, di cambiare luogo corrisponde a un motivo profondo della sua poesia: il viaggio (soprattutto interiore), il senso di evasione dalla condizione presente, l'inseguire qualcosa (una Chimera) che non potr� mai essere raggiunto.
Nel 1913 si reca a Firenze, presentandosi alla redazione della rivista Lacerba di Giovanni Papini e Ardengo Soffici, suo lontano parente, a cui consegna il suo manoscritto dal titolo Il pi� lungo giorno.
Non viene per� preso in considerazione e il manoscritto va ben presto perduto (sar� ritrovato solamente sessant'anni dopo, nel 1971, dopo la morte di Soffici, tra le sue carte nella casa di Poggio a Caiano, probabilmente nello stesso posto in cui era stato riposto e subito dimenticato.
Dopo qualche mese, non avendo avuto risposta, Campana torna di nuovo a Firenze per recuperare il manoscritto.
Papini non lo possedeva pi� e lo indirizza da Soffici, che per� sostiene di non esserne mai entrato in possesso.
Il giovane, gi� mentalmente labile, a seguito di questo episodio, viene preso da rabbia e disperazione, poich� aveva consegnato, ingenuamente, l'unica copia esistente dell'opera.
Scrive e implora senza altro risultato che il disprezzo e l'indifferenza di tutto l'ambiente culturale.
Infine, esasperato, minaccia di presentarsi con il coltello per farsi giustizia dell'"infame" Soffici e dei suoi soci, che definisce "sciacalli".
Nell'inverno del 1914, persa ormai ogni speranza di recuperare il manoscritto, decide di riscrivere tutto e affidandosi alla memoria e alle sue sparse bozze; in pochi mesi, lavorando anche di notte e a costo di un enorme sforzo mentale, riesce a riscrivere il libro, con numerose modifiche e aggiunte e, nella primavera dello stesso anno, riesce finalmente a pubblicare, a proprie spese, la raccolta con il nuovo titolo, di Canti Orfici, in riferimento alla figura mitologica di Orfeo, il primo dei "poeti-musicisti".
Si incarica anche di vendere personalmente il libro andando in giro per caff� e luoghi pubblici, firmando il volume o strappando qualche pagina a seconda che l'acquirente gli sia "simpatico" o "antipatico".
Nel 1915 una recensione ai Canti da parte di Renato Fondi, sul Fanfulla della domenica, gli restituisce "il senso della realt�": trascorre l'anno viaggiando senza una meta fissa tra Torino, Domodossola e ancora Firenze.
Scoppiata la Grande Guerra, viene esonerato dal servizio militare, ufficialmente per problemi di salute fisica, in realt� perch� segnalato ormai come malato psichiatrico grave.
Nel 1916 ricerca inutilmente un impiego. Scrive a Emilio Cecchi e a De Robertis, uno dei suoi pochi estimatori e inizia con lo scrittore una breve corrispondenza ma non ottiene lavoro.
A Livorno si scontra con il giornalista Athos Gastone Banti, che aveva scritto su di lui un articolo denigratorio sul quotidiano Il Telegrafo: si arriva quasi al duello, evitato solo perch� i padrini di Campana non lo avevano avvisato circa gli accordi presi con quelli del giornalista.
Nel 1916 conosce la scrittrice Sibilla Aleramo, autrice del romanzo Una donna, con la quale instaura un'intensa quanto tumultuosa relazione, che si sarebbe interrotta all'inizio del 1918, a seguito di un breve incontro nel Natale del 1917, a Marradi.
Fu l'unico amore della sua vita

�Mi lasci qua nelle mani dei cani senza una parola e sai quanto ti sarei grato.
Altre parole non trovo.
Non ho pi� lagrime.
Perch� togliermi anche l�illusione che una volta tu mi abbia amato � l�ultimo male che mi puoi fare.
 (Dino Campana a Sibilla Aleramo, Marradi, 27 settembre 1917.

Esistono testimonianze della relazione avvenuta tra Dino e Sibilla nel carteggio pubblicato da Feltrinelli nel 2000: Un viaggio chiamato amore. Lettere 1916-1918.
Il carteggio ha inizio con una lettera della Aleramo, datata 10 giugno 1916, nella quale l'autrice esprime la sua ammirazione per i Canti Orfici, dichiarando di esserne stata "incantata e abbagliata insieme".
La scrittrice era allora in vacanza nella Villa La Topaia a Borgo San Lorenzo, mentre Campana era in una stazione climatica presso Firenzuola, le Casette di Tiara, per rimettersi in salute dopo essere stato colpito da una leggera paresi al lato destro del corpo.
Nel 1918, viene internato presso l'ospedale psichiatrico di Villa di Castelpulci, nei pressi di Scandicci (in provincia di Firenze).
Lo psichiatra Carlo Pariani gli fa visita per intervistarlo e conferma l'inappellabile diagnosi: ebefrenia, una forma estremamente grave e incurabile di psicosi schizofrenica; tuttavia il poeta sembra essere a suo agio nel manicomio, vivendo una vita tranquilla e, finalmente, sedentaria.
Dino Campana muore in ospedale, sembra per una forma di setticemia, causata dal ferimento con un filo spinato nella zona dello scroto, forse durante un tentativo di fuga, il 1� marzo 1932, pochi giorni prima di essere dimesso dal manicomio.
Il 2 marzo, la salma viene inumata nel cimitero di San Colombano, a Badia a Settimo, nel territorio di Scandicci, ma nel 1942, su diretto interessamento di Piero Bargellini, viene data alle spoglie del poeta una sepoltura pi� dignitosa e la salma trova riposo nella cappella sottostante il campanile della chiesa di San Salvatore.
Durante la seconda guerra mondiale, il 4 agosto 1944, l'esercito tedesco, in ritirata, fa saltare con una carica esplosiva il campanile, distruggendo nel contempo anche la cappella.
Neppure da morto, il poeta, � riuscito ad avere pace.

La tomba attuale si trova a Badia a Settimo




La poetica

tratto da Gli autori e le opere Storia della letteratura A Vertecchi - F. Roncoroni

Nel quadro della produzione letteraria del primo Novecento, l'opera di Dino Campana si impose fin dal suo apparire per l'assoluta originalit�, ma la fortuna giunse intorno agli anni 30 per l'apprezzamento dei poeti della scuola ermetica che, se videro in Ungaretti il fondatore della loro poetica, riconobbero in Campana un loro precursore.
La critica successiva, che ha approfondito lo studio della sua produzione anche alla luce di successivi ritrovamenti, non sembra ancora avere risolto il problema della collocazione di Campana, divisa tra un'enfatizzazione del suo ruolo di capostipite della nuova lirica e un ridimensionamento entro le linee della nostra tradizione, e ugualmente in contrasto nell'interpretazione della figura umana del poeta che alcuni considerano un "contestatore" della societ� borghese e della cultura tradizionale, altri un uomo le cui dolorose esperienze e il cui atteggiamento di rivolta trovano spiegazione nelle sue condizioni psichiche.

Canti Orfici
Il richiamo a Orfeo, contenuto nel titolo che Campana ha dato alla raccolta dei suoi versi e delle sue prose ha un significato ben preciso.
Orfeo, infatti, � il mitico vate che, secondo la tradizione antica, con il suo canto, incantava gli animali e gli uomini e trascinava gli alberi e le pinte e che, sempre con la forza del suo canto, una volta liber� dall'Ade la sua sposa Euridice.
Cos� Campana con l'allusione a Orfeo, intende sottolineare il valore magico ed evocativo della parola poetica, quella parola, carica di suggestioni, di vibrazioni e di messaggi, che il poeta - novello Orfeo - non solo fa emergere come da un abisso, dal fondo inconoscibile delle cosse in cui egli, per un attimo, per effetto di una illuminazione balenante sembra poter discendere ma, che reca in s� una dirompente forza rappresentativa, capace di penetrare nel dominio del reale come in quello dell'irreale.
Di fatto, nelle sue liriche come nelle sue prose, Campana si avvale delle immense risorse di quel magico strumento che � la parola, per cogliere, in una tensione furiosa, disordinata e, quindi, discontinua nei risultati quel rapporto segreto tra le cose di cui egli sembra aver avuto la rivelazione per rendere il concreto e vario dispiegarsi della realt� trasfigurando liricamente in visioni e in miti misteriosi, i suoi sogni.
Cos�, quelli che sono i motivi pi� tipici della poesia di Campana i viaggi, il fantasmagorico scorrere di impressioni visive dai paesaggi dell'America del Suda a suggestive immagini di citt� italiane, Bologna, Genova, Firenze, le passeggiate notturne e il senso di una disperata solitudine valgono non tanto per quello che sono o rappresentano ma, soprattutto, per le risonanze che suscitano nel poeta e che il poeta rende con un linguaggio evocativo, basato su un gioco di ripetizioni e variazioni di pochi nuclei figurativi e sonori in un accavallarsi di immagini in cui prevalgono le sensazioni visive e sonore sulla coerenza logica del discorso.








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