26 febbraio 2023
La poesia che vi propongo oggi è di una poetessa che, come Marina che abbiamo conosciuto la volta scorsa,
ha fatto del femminismo e, soprattutto della condizione della donna, la sua fonte di vita.
Sibilla Aleramo, il cui vero nome è Marta Felicina Faccio, detta Rina, nasce ad Alessandria il 14 agosto del 1876 e dopo
una vita complessa e travagliata muore a Roma il 16 gennaio del 1960.
Sono stata, volutamente stringatissima, con questa biografia, perché sarebbe stato quasi
impossibile riassumere in poche righe la vita di Rina/Sibilla, comunque per chi fosse interessato/a
a conoscere meglio e più intimamente questa poetessa, metto qui il link e, vi garantisco che è una lettura piacevole e meritevole di attenzione.
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Mi soffermerò, in particolare invece, su un momento della vita di Sibilla, che poi è quello che interessa la poesia in oggetto.
Sibilla ha 40 anni quando conosce il poeta Dino Campana di qualche anno più giovane di lei e fra i due nasce un amore breve ma intenso
(1916-1918), bellissimo e turbolento.
Quando, consigliatole da un'amica, legge I Canti Orfici di Dino Campana, ne resta talmente affascinata tanto da scrivere
all'autore per comunicargli la sua ammirazione.
Nasce così tra i due una fitta corrispondenza, che finirà per sfociare in un incontro, a Marradi dove Dino abita:
lei vestiva di bianco e cappello, lui le va incontro giù per la collina ed subito passione, furibonda, bruciante, violenta.
Questo carteggio fra Sibilla e Dino diventerà poi
"Un viaggio chiamato amore"
da cui sarà poi tratto il film (2002) dall'omonimo titolo, interpretato da Stefano Accorsi e Laura Morante per la regia di Michele Placido.
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La poesia che dà inizio alla storia.
Chiudo il tuo libro
a Dino Campana
Mugello, 25-7-1916<
Ed un'altra anch'essa bellissima
Nome non ha
(Poesie, Milano, Mondadori 1929).
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