Rubrica Poesia in Grafica

Questa è una rubrica che curo sul Gruppo Grafico Words and Tags
e consiste in un'attività che richiede di illustrare o meglio, di disegnare, di pitturare poiché le grafiche che facciamo sono dele vere e proprie pitture tecnologiche, una poesia che, di volta in volta andrò a proporre.

Entrare in una poesia è cosa assai ardua, difficilmente infatti, si riuscirà a conoscere la scintilla che l'ha fatto poi nascere, c'è sempre un qualcosa scatenante ma esso è racchiuso nel cuore e nell'anima del poeta.
Ci possono un po' aiutare il profilo biografico del poeta, il periodo storico in cui è vissuto, per i viventi è il nostro, la corrente letteraria a cui è appartenuto o appartiene e la nostra interpretazione personale.

Leggetela la poesia più volte e vedrete che sarà una parola, una frase, un intero concetto che vi farà scattare la scintilla per creare la vostra grafica.
Potete liberamente fare una vostra creazione o seguire un tutorial che riporti qualcosa della poesia e, sarebbe gradito conoscere quale elemento della poesia ha fatto nascere la vostra creazione.



19 marzo 2023


Vi propongo oggi qualche poesia tratta dai Canti Orfici, libro poetico che entusiasmò talmente tanto Sibilla Aleramo e, come abbiamo visto la volta scorsa, sappiamo poi come andò a finire.
Un breve cenno biografico
Dino Campana nasce a Marradi, in provincia di Firenze nel 1885 ed è una tra le voci più significative della poesia del ‘900.
Di questa raccolta viene smarrito il manoscritto consegnato a Papini e Soffici e l’autore è costretto a ricostruire i testi a memoria.
Una prima edizione viene stampata a spese di Campana da un tipografo di Marradi nel 1914.
Personalità travagliata, chiude i suoi giorni nel 1932 nel manicomio di Castel Pulci dove era stato ricoverato dal 1918.
Dal web
Una biografia più dettagliata la puoi trovare qui.

Clicca sull'immagine.



Ed ecco, come prima poesia la super gettonata
In un momento
che Campana scrisse per Sibilla,
quando ormai le rose erano sfiorite.

In un momento

In un momento
Sono sfiorite le rose
I petali caduti
Perché io non potevo dimenticare le rose
Le cercavamo insieme
Abbiamo trovato delle rose
Erano le sue rose erano le mie rose
Questo viaggio chiamavamo amore
Col nostro sangue e colle nostre lagrime facevamo le rose
Che brillavano un momento al sole del mattino
Le abbiamo sfiorite sotto il sole tra i rovi
Le rose che non erano le nostre rose
Le mie rose le sue rose

P. S. E così dimenticammo le rose.
Per Sibilla Aleramo

È una poesia tratta dai Taccuini, datata 1917e dedicata a Sibilla Aleramo,quando la loro relazione è ormai finita, sfiorita, appassita come accade alle rose ma in lui c'è ancora vivo il ricordo di quando quelle rose le cercavano insieme, poetica espressione ad indicare che entrambi cercarono e vollero quel viaggio chiamato amore anche se quelle rose si alimentavano spesso di lacrime e sangue tanto che finiscono per rendersi conto che quelle rose non erano le loro rose, non era quello l'amore che avevano creduto che fosse e dimenticarono la bellezza delle rose.
Bellissimi questi versi che racchiudono un po' tutta la poetica di Campana che possiamo definire simbolista, una poetica in cui si procede attraverso i simboli, attraverso l'intuizione che, dal finito, ci trasporta nell'infinito.
La rosa, il fiore sempre giovane, che vive poco dopo aver sfolgorato nella luce con la sua bellezza ma che muore tra gli spini soffocato dal calore del sole, come fu il loro amore, un amore fragile e appassionato.
Difficile classificare la corrente poetica a cui Campana appartiene, un cenno più dettagliato lo si può trovare nelle note biografiche nella pagina che ho indicato in precedenza.

Metto qualche altra poesia per poter conoscere un po' di più questo poeta.
Quella che mi piacerebbe veder "disegnata" è -In un momento - ma... a voi la scelta.

Sul più illustre paesaggio

Sul più illustre paesaggio
Ha passeggiato il ricordo
Col vostro passo di pantera
Sul più illustre paesaggio
Il vostro passo di velluto
E il vostro sguardo di vergine violata
Il vostro passo silenzioso come il ricordo
Affacciata al parapetto
Sull'acqua corrente
I vostro occhi
forti di luce.

Per Sibilla Aleramo.
Da Taccuini, abbozzi e carte varie 1


Barche amorrate (ormeggiate)

Le vele le vele le vele
Che schioccano e frustano al vento
Che gonfia di vane sequele
Le vele le vele le vele!

Che tesson e tesson: lamento
Volubil che l'onda che ammorza
Ne l'onda volubile smorza

Ne l'ultimo schianto crudele
Le vele le vele le vele!

Metto la perifrasi presa dal web che mi sembra ben fatta.

E così ecco queste ballerine che danzano bianche nel proscenio del mare, sulle barche ormeggiate (amorrate) in un mare mosso che ricorda tanto lo studio op. 25 n. 12 di Chopin.
La poesia si innalza nel vento parola per parola a suon di frustate d’aria e di lamenti e di sibili fino a che è l’onda a squassare per ultima con un suono totale, crudele.
Ed ancora una super richiesta che i più, anzi, considerano la migliore del poeta.

Chimera
Non so se tra rocce il tuo pallido
Viso m'apparve, o sorriso
Di lontananze ignote
Fosti, la china eburnea
Fronte fulgente o giovine

Suora de la Gioconda:

O delle primavere
Spente, per i tuoi mitici pallori O Regina o Regina adolescente:
Ma per il tuo ignoto poema

Di voluttà e di dolore

Musica fanciulla esangue,
Segnato di linea di sangue
Nel cerchio delle labbra sinuose,
Regina de la melodia:

Ma per il vergine capo
Reclino, io poeta notturno
Vegliai le stelle vivide nei pelaghi del cielo,
Io per il tuo dolce mistero
Io per il tuo divenir taciturno.

Non so se la fiamma pallida
Fu dei capelli il vivente
Segno del suo pallore,
Non so se fu un dolce vapore,
Dolce sul mio dolore,
Sorriso di un volto notturno:
Guardo le bianche rocce le mute fonti dei venti

E l'immobilità dei firmamenti E i gonfii rivi che vanno piangenti
E l'ombre del lavoro umano curve là sui poggi algenti
E ancora per teneri cieli lontane chiare ombre correnti
E ancora ti chiamo ti chiamo Chimera.
Dino Campana

Secondo la critica è, sicuramente, il testo più famoso e più riuscito di Dino Campana.
Fu pubblicato in rivista nel 1912 e fu poi scelta dal poeta per aprire la sezione dei “Notturni” dei “Canti orfici”.
Soggetto è la mitologica Chimera che sfugge sempre, lontana sull’orizzonte, che agita il desiderio e rende impossibile la quiete.
È l’idea stessa della poesia campaniana, in fondo, che Montale additava già come
«una poesia in fuga… che si disfà sempre sul punto di concludere».
Come una chimera, che si allontana di nuovo quando siamo sul punto di raggiungerla.
E allora ecco che Campana ci costringe a seguirlo in questa assurda ricerca dove il femminile, il poetico, la musa, l’amore sono concentrati nella Chimera che va lontana destando un amore che è fonte di dannazione e di gioia.
Dal web

E mi fermo ma tante altre ce ne sarebbero, tutte bellissime, più si leggono queste poesie e più ci si avvicina all'animo del poeta e non all'uomo matto.
Capisco l'entusiasmo cosa provò Sibilla, leggendo queste poesie.
 



16 aprile 2023


Per l'attività di questa settimana vi propongo uno che, secondo me, è fra i pià illustri poeti italiani del Novecento.
Mario Luzi Castello (Sesto Fiorentino, 20 ottobre 1914 – Firenze, 28 febbraio 2005) è stato un poeta, drammaturgo, critico letterario, traduttore e critico cinematografico italiano.
In occasione del suo novantesimo compleanno fu nominato senatore a vita della Repubblica Italiana.
Una biografia più dettagliata la puoi trovare
qui


La forza della poesia di Luzi sta nella capacità di mettersi in contatto con la molteplicità dei tentativi volti ad esistere sia nella felicità che nello sconforto, comprendendo o tacendo spaesati di fronte alle esperienze.
Con la volontà si deve cercare di mantenere vivo il contatto con la realtà per ricostruire un senso ogni giorno, consapevoli, di fatto, che non esista un termine a questa ricerca e che il mistero parli con la voce del quotidiano.
Di qui l’importanza del ricordo e del ritorno come prima fonte a nostra disposizione per non chiudersi in una dicotomia tutta al presente, ma percepirsi come processo in atto.
La memoria è la custode di ogni minima variazione e opposizione nel tempo.
Il luogo e il tempo divengono le coordinate entro cui orientare il proprio sguardo perché nessun attimo venga sprecato e perché il quotidiano trovi voce.
Il linguaggio diviene allora la pura nominazione delle cose, dove il poeta è, fra i tanti strumenti, colui che ha il pregio della voce e che riesce a far parlare la complessità del reale.
Si tratta, però, di uno scambio continuo, di un’interazione poiché l’uomo/poeta è anche attratto da ciò che va oltre questo mondo sensibile e descrittibile.
 Rielaborazione di commenti trovati in rete o su libri di letteratura.

La poesia che ho scelto è una fra le più belle e conosciute del Poeta.
Ci ritroviamo i temi a lui cari.

...La mia pena è durare oltre questo attimo...

Già, quando viviamo attimi di felicità, temiamo che passino in fretta per ritrovarci in pensieri più tristi r torvi, la dicotonia con cui dobbiamo convivere e cerchiamo di continuo, in esterno, quel qualcosa o quel qualcuno che faccia venir fuori quello che è già dentro di noi: l'amore.
Un brevissimo semplice commento questo mio per non influenzare le vostre scelte grafiche.
Mi piacerebbe sapere però quali versi o parole vi hanno colpito di più di questa poesia.

Aprile - Amore

Il pensiero della morte m’accompagna
tra i due muri di questa via che sale
e pena lungo i suoi tornanti. Il freddo
di primavera irrita i colori,
stranisce l’erba, il glicine, fa aspra
la selce; sotto cappe ed impermeabili
punge le mani secche, mette un brivido.

Tempo che soffre e fa soffrire, tempo
che in un turbine chiaro porta fiori
misti a crudeli apparizioni, e ognuna
mentre ti chiedi che cos’è sparisce
rapida nella polvere e nel vento.

Il cammino è per luoghi noti
se non che fatti irreali
prefigurano l’esilio e la morte.
Tu che sei, io che sono divenuto
che m’aggiro in così ventoso spazio,
uomo dietro una traccia fine e debole!

È incredibile ch’io ti cerchi in questo
o in altro luogo della terra dove
è molto se possiamo riconoscerci.
Ma è ancora un’età, la mia,
che s’aspetta dagli altri
quello che è in noi oppure non esiste.

L’amore aiuta a vivere, a durare,
l’amore annulla e dà principio. E quando
chi soffre o langue spera, se anche spera,
che un soccorso s’annunci di lontano,
è in lui, un soffio basta a suscitarlo.
Questo ho imparato e dimenticato mille volte,
ora da te mi torna fatto chiaro,
ora prende vivezza e verità.

La mia pena è durare oltre questo attimo.

Mario Luzi
 da “Primizie del deserto” 1952


Vi metto quest'altra poesia che è tratta dalla raccolta La barca
la prima raccolta pubblicata dove si può vedere l'influenza dell'ermetismo che ha punteggiato il primo periodo poetico di Luzi.
Anche qui c'è la ricerca del senso della vita ma è più accentuato il simbolismo.

L’immensità dell’attimo

Quando tra estreme ombre profonda
in aperti paesi l’estate
rapisce il canto agli armenti
e la memoria dei pastori e ovunque tace
la secreta alacrità delle specie,
i nascituri avvallano
nella dolce volontà delle madri
e preme i rami dei colli e le pianure
aride il progressivo esser dei frutti.
Sulla terra accadono senza luogo,
senza perché le indelebili
verità, in quel soffio ove affondan
leggere il peso le fronde
le navi inclinano il fianco
e l’ansia dè naviganti a strane coste,
il suono d’ogni voce
perde sé nel suo grembo, al mare al vento.

Mario Luzi
da "La barca"


Questa è la Meditazioni sulla Via Crucis che fu composta da Mario Luzi nel 1999, per accompagnare la processione del Venerdì Santo guidata da Giovanni Paolo II.
Meditazione della dodicesima stazione, una delle più belle..

Meditazioni sulla Via Crucis

Padre mio, mi sono affezionato alla terra
quanto non avrei creduto.
E' bella e terribile la terra.
Io ci sono nato quasi di nascosto,
ci sono cresciuto e fatto adulto
in un suo angolo quieto
tra gente povera, amabile e esecrabile.
Mi sono affezionato alle sue strade,
mi sono divenuti cari i poggi e gli uliveti,
le vigne, perfino i deserti.
E' solo una stazione per il figlio tuo la terra
ma ora mi addolora lasciarla
e perfino questi uomini e le loro occupazioni,
le loro case e i loro ricoveri
mi dà pena doverli abbandonare.
Il cuore umano è pieno di contraddizioni
ma neppure un istante mi sono allontanato da te.
Ti ho portato perfino dove sembrava che non fossi
o avessi dimenticato di essere stato.
La vita sulla terra è dolorosa,
ma è anche gioiosa: mi sovvengono
i piccoli dell'uomo, gli alberi e gli animali.
Mancano oggi qui su questo poggio che chiamano Calvario.
Congedarmi mi dà angoscia più del giusto.
Sono stato troppo uomo tra gli uomini o troppo poco?
Il terrestre l'ho fatto troppo mio o l'ho rifuggito?
La nostalgia di te è stata continua e forte,
tra non molto saremo ricongiunti nella sede eterna.







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